martedì 19 febbraio 2008

C.F.Meyer "Jürg Jenatsch. Una storia grigionese"

La prima volta che ho sentito parlare di Jürg Jenatsch è stato un anno fa a Coira. Durante la visita guidata alla città la nostra guida, passando davanti a quella che un tempo era una locanda, citò la storia di questo controverso personaggio e la sua morte in un agguato durante una festa di carnevale. Parlò anche della sua tragica fuga attraverso il passo del Muretto, con la moglie ammazzata durante l'eccidio del Sacro Macello sulle spalle. Da allora mi è rimasta la curiosità di approfondire la vicenda di quello che alla fine dell'Ottocento era diventato l'eroe simbolo dell'indipendenza dei Grigioni, anche perché in tedesco avevo capito poco.

Il nome di Jürg Jenatsch (che in romancio si pronuncia con l'accento sulla a finale) si intreccia alla storia ed alla letteratura diventando di conseguenza un mito del quale è difficile definire i contorni... ed è forse questo il suo più grande fascino. Infatti non è facile scindere la figura del personaggio storico, pastore protestante in quel di Berbenno durante il Sacro Macello e poi capitano di ventura per gli eserciti veneziano e francese, dal personaggio letterario protagonista dell'omonimo romanzo di C.F. Meyer, che nientemeno che Sigmund Freud cita, per la sua machiavellica conversione al cattolicesimo, come emblema della duplicità dell'uomo.


Nel romanzo di Meyer (1876) il tema centrale è quello dell'ambiguità e dei dilemmi senza soluzione: per Jenatsch il dramma è quello di non riuscire a conciliare la fedeltà alla religione protestante con la fedeltà alla patria. Dopo quasi vent'anni di combattimenti si rende conto che la Francia, tradizionale alleato dei Grigioni, non potrà mai restituire loro la Valtellina e che l'unica soluzione è un'alleanza con la Spagna. Da qui la sua conversione al cattolicesimo, vissuta come un tradimento dai suoi detrattori.

Anche Lucrezia Planta, la protagonista femminile della storia, è dilaniata tra la passione per Jenatsch, che ama fin da quando era bambina, e l'amore filiale per il padre Pompeo, leader del partito cattolico, ucciso a colpi d'ascia proprio dal mercenario grigione con un'azione da macellaio. Lucrezia, che al momento dell'assassinio aveva giurato di vendicare il padre, nel suo peregrinare salva invece Jenatsch dagli spagnoli che lo avevano catturato presso il Forte di Fuentes e diventa poi sua complice nella temeraria manovra diplomatica di avvicinamento alla Spagna.

Il dramma è di quelli irrisolvibili, da tragedia greca, e non può avere che un epilogo funesto. La nemesi si compie nella locanda di Coira la notte di carnevale, mentre si festeggia la vittoria dei Grigioni che hanno riconquistato la Valtellina grazie all'alleanza con la Spagna. Rodolfo Planta, cattolico integralista e cugino di Lucrezia, tende un'imboscata al controverso eroe per vendicare nello stesso tempo la Fede e l'onore dei Planta. Il vecchio servitore Luca riesce a sventare l'agguato e, morente, porge a Lucrezia quella stessa scure che aveva ucciso suo padre. Disperata, vede l'uomo che ama da sempre circondato dai sicari e, come in trance, solleva l'arma e la cala sul "caro capo" compiendo così l'estremo sacrificio di uccidere l'uomo che ama.

E' un libro strano ed ho fatto fatica a leggerlo: la vicenda è splendida così come è splendida la tragica ambivalenza dei due protagonisti. Non sono riuscita a capire se a renderne pesante la lettura sia l'antistoricismo di Meyer, ormai troppo distante dal gusto contemporaneo, o la traduzione degli anni quaranta che utilizza un periodare ed un lessico ormai desueto, che ricalca quello dell'originale tedesco.