venerdì 19 dicembre 2008

Andrea Vitali: Dopo lunga e penosa malattia

L'ho letto d'un fiato.
Dopo due romanzi così così, il dottor Vitali torna a deliziarci con un racconto lungo delizioso e godibilissimo. Questa volta il medico di Bellano non ha preso ispirazione tra le tombe del cimitero del paese, ma ha attinto direttamente dai necrologi sui muri: "dopo lunga e penosa malattia". Come al solito personaggi e situazioni narrati sono esemplari di una provincia nota e familiare, l'epoca sono quegli anni sessanta e settanta in cui in casa c'era un solo apparecchio telefonico nel corridoio e da fuori si telefonava a gettoni, quegli stessi anni di Una finestra vistalago e Un amore di zitella.

I personaggi questa volta hanno nomi comuni, così come comune è la patologia narrata: l'infarto al miocardio che stronca il notaio Galimberti e l'angina pectoris, anticamera dell'infarto, di cui soffre l'amico e protagonista dottor Lonati. Ma chi ha commissionato quello strano necrologio? Come mai vi si parla di assidue cure prestate all'amico dal dottor Lonati? E cosa sono le impronte di scarpe bagnate sul pavimento e la puzza di fritto? Che ruolo ha il farmacista (stranamente anonimo) che assomiglia a un domatore di leoni, a un macellaio o a un maitre d'hotel?

Attorno a questi misteri si snoda una vicenda tanto semplice quanto inattesa, con un finale a sorpresa. Infatti mi stavo chiedendo dove fossero finite le nostre forze dell'ordine.

venerdì 12 dicembre 2008

Valerio Massimo Manfredi: Idi di marzo

Anche quest'anno il mio professore non è mancato all'appuntamento con i suoi lettori. Dopo averci incantati con L'Armata perduta, che ricostruisce l'Anabasi di Senofonte, ci ha regalato un romanzo che già dalla copertina richiama una data scolpita in modo indelebile nella memoria di tutti: le idi di marzo.

Tre anni fa lo incontrai, mi chiedo ancora quanto casualmente, ai Fori Imperiali dove stava facendo una lezione en plein air ai suoi studenti della Bocconi. Ed è proprio tra il tempio di Saturno, la casa delle Vestali e la Domus Publica che è ambientata buona parte del romanzo. L'altra metà è una folle corsa contro il tempo lungo le piste e le strade che scendono verso Roma dall'Appennino, strade che Manfredi conosce come le sue tasche per averle studiate e percorse a piedi e in moto.

Nello scenario della Roma del tramonto della Repubblica si alternano una serie di personaggi. I meno noti al grande pubblico, come Lepido, Calpurnia, Ligario, Cassio, Servilia, suo figlio Bruto con la moglie Porzia, prendono finalmente un corpo e un carattere, anche se nel caso dei congiurati questo carattere denota tutta la sua insipienza. Ma anche Antonio brilla per la sua ambiguità, Cleopatra spicca per la sua ambizione e Cicerone pare un vecchio fanatico. Su tutti si staglia la figura di Cesare, delineata in tutta la sua drammaticità nel momento più cruciale della storia di Roma. Manfredi ne delinea il disegno politico, ma anche il dramma dell'uomo che per chiudere finalmente la tragica stagione delle guerre civili è costretto a sacrificare la libertà alla sicurezza, argomento ancor oggi di grande attualità.

Ai personaggi storici si affiancano indimenticabili alcuni comprimari nati dalla fantasia dell'autore. Tra di essi per la loro fedeltà a Cesare spiccano Silio Salvidieno e Publio Sestio detto Baculo. E' proprio quest'ultimo uno dei protagonisti della corsa verso Roma per portare a Cesare un messaggio che lo metta in guardia dalla congiura imminente. A lui ed ai suoi amici si oppongono una banda di nostalgici pompeiani, tra i quali la spia Mustela (la faina) che pur perdendo la battaglia contro Publio Sestio Baculo riuscirà nell'intento di proteggere la congiura.