giovedì 24 gennaio 2008

Andrea Vitali "Una finestra vistalago"



Per me è il migliore dei romanzi di Vitali. Come gli altri è ambientato nel microcosmo di Bellano, un paesotto sul lago di Como con tutte le caratteristiche e i pregiudizi della provincia lombarda. Mi ha avvinta fin dalle prime pagine: sarà perché sono cresciuta in un paese vistalago dove si respirava la stessa atmosfera del romanzo, sarà perché da ragazzina avevo conosciuto anch'io un Arrigoni Giuseppe (se non ricordo male era di Primaluna o di Cortenova in Valsassina) omonimo di uno dei tanti che popolano questo romanzo.

E' uno dei rari esempi di romanzo corale, in cui protagonista è l'intero paese, con i sui tipi e le sue macchiette più che i suoi abitanti: il dottor Tornabuoni, medico condotto emiliano ovviamente comunista. L'Eraldo Bonomi, l'unico militante locale del PSIUP, cornutissimo marito della bella Elena, importata già incinta direttamente dall'alluvione del Polesine dopo una gita organizzata dal sindacato e costretta a convivere con gli anziani genitori del marito e a respirare puzza di umidità e di minestra nell'angusto e cadente bilocale con la finestra vistalago. La sublimazione della tipizzazione la si raggiunge con Maria Grazia Perdicane, figlia ribelle dell'industrialotto locale, che al contrario della sorella Grazia (mi sono scompisciata dalle risate a pensare alle due Grazie e... alla terza sottintesa) rifiuta di studiare al severissimo liceo Manzoni preferendogli ragioneria e riesce a sposare il suo battellotto, Arrigoni Giuseppe per l'appunto.

Il romanzo è anche giocato sul filo sottile del doppiosenso. Ci ho messo un momento a capire quale fosse l'indicibile malattia che comincia per S di cui è affetto l'Arrigoni, che Maria Grazia si ostina a nascondere. E' qui che emerge la tutta la bravura del mestiere di Vitali, medico condotto al quale la gente sussurra senza dire i segreti inconfessabili, negati di fronte ai compaesani in sala d'aspetto ed anche al parroco don Giuseppe Arrigoni in confessionale.

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