Un romanzo siciliano, un romanzo femminile.
In una Sicilia che sa di decadenza e di disfacimento nella sua classe nobiliare mummificata e chiusa su se stessa appare una figura controcorrente, una donna che proprio grazie alla sua diversità riesce a vivere una vita degna di essere vissuta. Marianna Ucria è una "povera mutola" che vive in una Palermo di inizio Settecento ancora ancorata al secolo passato. Non si sottrae al proprio destino di femmina, nata per essere usata e procreare una nobile schiatta, ma riempie la sua vita di pensieri. Comunica con gli altri grazie alla scrittura, legge i classici e i filosofi, e soprattutto sa leggere i pensieri, i pensieri più nascosti dei suoi interlocutori.
Ma Marianna non è nata sordomuta. Il romanzo si apre con la piccola Marianna che accompagna il signor padre alla Vicaria, ad un'esecuzione del tribunale dell'Inquisizione. Perché mai una bambina dovrebbe assistere ad un'impiccagione? Scantu la ‘nsurdiu e scanto l’avi a sanare, uno spavento l'ha resa sorda e una spavento la deve guarire. Ma l'impiccagione del giovane lascia a Marianna solamente un altro shock senza guarirla dalla sua sordità.
La vita prosegue all'interno del nucleo familare... a tredici anni la piccola mutola viene data in sposa allo zio, quel duca Pietro Ucria così strano, sempre vestito di rosso come un gambero, che non si sarebbe mai sposato se non avesse ricevuto un'insperata eredità da lontane zie. Quello zio che la prende senza dote perché le vuole bene.
Marianna in questo matrimonio riesce a ritagliarsi uno spazio suo, controcorrente rispetto alle stereotipate usanze della nobiltà siciliana. E' la signora duchessa mutola, ma sceglie di vivere a Bagheria anziché a Palermo ristrutturando a suo piacimento la casena del padre. Qui partorisce figli che il marito zio le ha messo a forza nel ventre, qui riceve i familiari che vengono a visitarla criticando la sua rusticità, qui flirta con l'Intermassimi, il pittore che le affresca la villa. Con tutti scambia biglietti che conserva in una scatola di latta, legge per ore nella biblioteca, accoglie strani personaggi come Fila, la serva dagli occhi spauriti come quelli di un cerbiatto.
I figli che mette al mondo sembrano non appartenerle, ma essere destinati a perpetuare le usanze di questa nobiltà, maritandosi bambine, andando monache o dilapidando patrimoni. Solo il piccolo Signoretto le apre il cuore. Il piccolo Signoretto nato anzitempo, senza capelli e senza denti che come lei non parla, ma ha una vivacità intellettuale di gran lunga superiore a quella degli altri figli e siede a tavola accanto a lei. Ma come una nemesi per il troppo amore, è proprio Signoretto l'unico figlio che non sopravvive, lasciando Marianna distrutta ma non vinta.
Nonostante la sua sordità Marianna comunica con gli altri figli e con chi le sta attorno. Proprio il fatto di doverlo fare per iscritto non le impedisce di avere relazioni profonde: con il signor padre che sceglie di trascorrere i sui ultimi giorni con lei, con i figli che tovano in lei quella madre attenta che a lei era mancata, perché la sua era sempre affogata nel laudano. Marianna ad un certo punto ha pure la forza di aprire gli occhi di fronte all'assalto di maschio del marito zio e di rifiutarlo, lasciandolo interdetto.
La morte del marito apre un nuovo capitolo nella vita della duchessa: inizia ad occuparsi dei feudi di famiglia in vece del figlio Mariano che, languido come la nonna, rifiuta di crescere e di assumersi responsabilità. Marianna visita i feudi, accompagnata dalle figlie e da Saro, il fratello della serva Fila che un giorno ha scoperto in casa sua. Per sfuggire al corteggiamento di Saro che va facendosi sempre più pressante, Marianna va in visita al fratello Carlo chiedendogli di trovargli una moglie per il servo. Ed è proprio in questa occasione che, leggendo nei pensieri del fratello, Marianna riesce a scoprire il perché del suo mutismo, un perché tanto allucinante quanto semplice.
Ma Marianna ormai ha messo le ali e nonostante tutte le sue precauzioni non può resistere all'amore di Saro, che a quarant'anni le fa conoscere la passione, né si nega al corteggiamento del giudice Camaleo che salva Fila dalla forca. Marianna vola, o forse scappa, parte per Napoli e poi per Roma, nonostante le rimostranze del fratello e dei figli. Una femminista ante litteram, senza sapere di esserlo, una donna che in un secolo di donne analfabete legge e scrive, anche se non sente e non parla.
In una Sicilia che sa di decadenza e di disfacimento nella sua classe nobiliare mummificata e chiusa su se stessa appare una figura controcorrente, una donna che proprio grazie alla sua diversità riesce a vivere una vita degna di essere vissuta. Marianna Ucria è una "povera mutola" che vive in una Palermo di inizio Settecento ancora ancorata al secolo passato. Non si sottrae al proprio destino di femmina, nata per essere usata e procreare una nobile schiatta, ma riempie la sua vita di pensieri. Comunica con gli altri grazie alla scrittura, legge i classici e i filosofi, e soprattutto sa leggere i pensieri, i pensieri più nascosti dei suoi interlocutori.
Ma Marianna non è nata sordomuta. Il romanzo si apre con la piccola Marianna che accompagna il signor padre alla Vicaria, ad un'esecuzione del tribunale dell'Inquisizione. Perché mai una bambina dovrebbe assistere ad un'impiccagione? Scantu la ‘nsurdiu e scanto l’avi a sanare, uno spavento l'ha resa sorda e una spavento la deve guarire. Ma l'impiccagione del giovane lascia a Marianna solamente un altro shock senza guarirla dalla sua sordità.
La vita prosegue all'interno del nucleo familare... a tredici anni la piccola mutola viene data in sposa allo zio, quel duca Pietro Ucria così strano, sempre vestito di rosso come un gambero, che non si sarebbe mai sposato se non avesse ricevuto un'insperata eredità da lontane zie. Quello zio che la prende senza dote perché le vuole bene.
Marianna in questo matrimonio riesce a ritagliarsi uno spazio suo, controcorrente rispetto alle stereotipate usanze della nobiltà siciliana. E' la signora duchessa mutola, ma sceglie di vivere a Bagheria anziché a Palermo ristrutturando a suo piacimento la casena del padre. Qui partorisce figli che il marito zio le ha messo a forza nel ventre, qui riceve i familiari che vengono a visitarla criticando la sua rusticità, qui flirta con l'Intermassimi, il pittore che le affresca la villa. Con tutti scambia biglietti che conserva in una scatola di latta, legge per ore nella biblioteca, accoglie strani personaggi come Fila, la serva dagli occhi spauriti come quelli di un cerbiatto.
I figli che mette al mondo sembrano non appartenerle, ma essere destinati a perpetuare le usanze di questa nobiltà, maritandosi bambine, andando monache o dilapidando patrimoni. Solo il piccolo Signoretto le apre il cuore. Il piccolo Signoretto nato anzitempo, senza capelli e senza denti che come lei non parla, ma ha una vivacità intellettuale di gran lunga superiore a quella degli altri figli e siede a tavola accanto a lei. Ma come una nemesi per il troppo amore, è proprio Signoretto l'unico figlio che non sopravvive, lasciando Marianna distrutta ma non vinta.
Nonostante la sua sordità Marianna comunica con gli altri figli e con chi le sta attorno. Proprio il fatto di doverlo fare per iscritto non le impedisce di avere relazioni profonde: con il signor padre che sceglie di trascorrere i sui ultimi giorni con lei, con i figli che tovano in lei quella madre attenta che a lei era mancata, perché la sua era sempre affogata nel laudano. Marianna ad un certo punto ha pure la forza di aprire gli occhi di fronte all'assalto di maschio del marito zio e di rifiutarlo, lasciandolo interdetto.
La morte del marito apre un nuovo capitolo nella vita della duchessa: inizia ad occuparsi dei feudi di famiglia in vece del figlio Mariano che, languido come la nonna, rifiuta di crescere e di assumersi responsabilità. Marianna visita i feudi, accompagnata dalle figlie e da Saro, il fratello della serva Fila che un giorno ha scoperto in casa sua. Per sfuggire al corteggiamento di Saro che va facendosi sempre più pressante, Marianna va in visita al fratello Carlo chiedendogli di trovargli una moglie per il servo. Ed è proprio in questa occasione che, leggendo nei pensieri del fratello, Marianna riesce a scoprire il perché del suo mutismo, un perché tanto allucinante quanto semplice.
Ma Marianna ormai ha messo le ali e nonostante tutte le sue precauzioni non può resistere all'amore di Saro, che a quarant'anni le fa conoscere la passione, né si nega al corteggiamento del giudice Camaleo che salva Fila dalla forca. Marianna vola, o forse scappa, parte per Napoli e poi per Roma, nonostante le rimostranze del fratello e dei figli. Una femminista ante litteram, senza sapere di esserlo, una donna che in un secolo di donne analfabete legge e scrive, anche se non sente e non parla.
2 commenti:
Libro stupendo (l'ho letto)
:)
Anch'io, l'ho letto, anzi lo sto traducendo in vietnamita.
Che devo dire? È vero che il libro è bellissimo ma attrettanto difficilissimo da tradurre.
AIUTO!!!
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